In provincia di Potenza: Armento, Brindisi di Montagna, Calvera, Campomaggiore, Carbone, Castelluccio Superiore, Castelmezzano, Forenza, Gallicchio Ginestra, Guardia Perticara, Missanello, Noepoli, Ruvo del Monte, San Paolo Albanese, Sasso di Castalda, Teana, Trecchina, Trivigno.

In provincia di Matera: Accettura, Calciano, Cirigliano, Craco, Garaguso, Gorgoglione, Miglionico, Oliveto Lucano, Rotondella, San Giorgio Lucano, San Mauro Forte, Valsinni.

Il Segretario generale della FISAC-CGIL (Federazione Italiana Sindacale Lavoratori Assicurazione e Credito), Bruno Lorenzo, ci ha consegnato un foglio con tutti e trentatré (sì, avete letto bene) i comuni lucani privi (o recentemente privati) di sportelli bancari.

Dal 2014, sono ben quarantuno in meno, in tutta la regione.

D: A sentire le ultime sulla chiusura e il dislocamento di filiali in Basilicata, sembrerebbe trattarsi di un vero e proprio “tsunami”: è così davvero?

R: Purtroppo sì. La tendenza ormai è quella di diminuire sempre più la presenza degli sportelli bancari sul territorio. La Basilicata, storicamente, aveva due grandi aziende di credito: la Banca di Lucania e la Banca di Pescopagano, senza contare gli istituti di credito cooperativo, parte integrante del tessuto economico della nostra regione. Purtroppo abbiamo perso questa “identità”: l’ultimo istituto di credito locale -che tra l’altro era interregionale- era la Banca Popolare di Bari, ormai acquistata dal Mediocredito centrale. A seguito della riforma Renzi, le banche di credito cooperativo hanno poi perso la loro identità regionale, e quindi non abbiamo più un presidio locale a livello di direzione.

D: Come mai queste chiusure si registrano perlopiù al Sud?

R: Perché le banche sempre più investono nel Centro-Nord, che -ahimè- rappresenta il tessuto economico e sociale più forte, in barba a tutto ciò che sta succedendo nel Meridione, per di più in un momento delicato in cui arriveranno a pioggia i milioni del Pnrr: le aziende che avessero bisogno dell’erogazione del credito, rischierebbero o di rivolgersi alle direzioni del Nord o -pur rivolgendosi a uno sportello locale- che la loro richiesta venga comunque valutata al Nord.

D: Ma allora gli Italiani del Sud portano meno soldi nelle banche rispetto a quelli del Nord?

R: E’ l’esatto opposto. Tra l’altro, storicamente, i cittadini del Sud erano quelli che avevano una maggiore capacità di risparmio. E molto spesso si sono utilizzati questi “depositi” del Mezzogiorno per impiegarli al Nord, col paradosso che i tassi sono differenziati tra le due aree.

D: Pure.

R: Acquistare denaro al Sud ha un costo mediamente tra lo 0,10 e lo 0,20 più alto rispetto a chi acquista l’analoga cifra, e alle stesse condizioni, al Nord. Per le banche la convenienza è dunque avere comunque clienti al Sud, per fare raccolta di denaro, da impiegare successivamente al Nord, favorendo le aziende o i piccoli risparmiatori locali.

D: E’ una questione politica?

R: Sbagliata. E purtroppo negli anni non abbiamo avuto un grande aiuto dalla NOSTRA classe politica, a livello nazionale, regionale e comunale. Ricordiamoci che l’articolo 47 della Costituzione specifica che la politica ha anche il compito di presidiare l’erogazione e la disposizione del credito in Italia!